
Le certificazioni (ad esempio bio) dei prodotti in commercio hanno acquisito una notevole importanza, soprattutto negli ultimi anni. Ciò può essere attribuito all’interesse crescente dei consumatori per l’origine e la qualità dei prodotti che vengono consumati ed utilizzati giornalmente.
Attraverso le norme CE 834/2007 e CE 889/2008, l’Unione Europea attribuisce la certificazione biologica agli operatori (agricoltori, trasformatori, commercianti, importatori) per i loro prodotti e impianti di produzione. “European Organic Certifier Council” (EOCC) è il principale organismo che si occupa di tale certificazione, grazie ad agenti di certificazione in tutta Europa, attraverso il logo dell’UE.
Oltre alla certificazione biologica dell’UE, sono presenti altri sistemi di certificazione biologica nazionali e locali, di proprietà di organismi governativi e privati. Il più grande mercato delle certificazioni “bio” è in Germania. Attualmente la Germania è uno dei paesi leader, in Europa, in termini di superficie e numero totale di aziende agricole dedicate alle pratiche di agricoltura biologica (Kononets Y. et al., 2020).
In questo contesto la Commissione Europea, spinta dal crescente interesse dei consumatori, mira a raggiungere il 25% dei terreni agricoli destinati all’agricoltura biologica, entro il 2030, come obiettivo del Green Deal europeo.
Quando un prodotto è definito “bio”?
La Commissione Europea definisce l’agricoltura biologica: “un metodo agricolo volto a produrre alimenti con sostanze e processi naturali. Ciò significa che tende ad avere un impatto ambientale limitato, in quanto incoraggia a:
- usare l’energia e le risorse naturali in modo responsabile,
- conservare la biodiversità,
- conservare gli equilibri ecologici regionali,
- migliorare la fertilità del suolo,
- mantenere la qualità delle acque”.
Il “biologico” stabilisce quali sono gli standard per la coltivazione di alimenti sani, quindi i metodi agricoli, l’uso delle risorse naturali e controlla le sementi degli agricoltori. Ciò significa che i prodotti certificati hanno soddisfatto rigorosi standard in termini di produzione, trasporto e stoccaggio.
Ottenere la certificazione biologica è, però, costoso e richiede un processo burocratico piuttosto lungo. Questo può rappresentare una barriera per le piccole aziende agricole che, nella maggior parte dei casi, non utilizzano pesticidi o fertilizzanti sintetici e utilizzano comunque pratiche sostenibili che vanno oltre i requisiti stabiliti delle normative.
Ad esempio, le piccole aziende agricole tendono ad impiegare colture diversificate rispetto alle monocolture tipiche dell’agricoltura industriale convenzionale, utilizzando meno imballaggi di plastica. Quindi solo perché i prodotti non sono etichettati come “biologici” non significa che non siano sostenibili.
Un altro aspetto importante da considerare è che il cibo di provenienza locale genera minori emissioni di carbonio grazie alle ridotte distanze di trasporto e ad un minore consumo energetico. Ma “biologico” non necessariamente corrisponde a “locale” e spesso quest’ultima scelta può risultare più sostenibile.
Le certificazioni hanno un costo ma possono anche contribuire positivamente all’immagine di un’azienda e quindi ad aumentarne il margine di profitto.
Per quanto riguarda il costo per i consumatori finali si osserva una differenza di circa il 40% tra i prodotti biologici e non, che deriva principalmente dal valore aggiunto nella catena di approvvigionamento piuttosto che dall’aumento dei costi di produzione (Kononets Y. et al., 2020).
Apparentemente, uno dei motivi principali che favorisce l’acquisto di cibo biologico è la percezione che quest’ultimo sia più nutriente del cibo convenzionale. Ma nella definizione data dal regolamento (CE) n. 834/2007 non si fa menzione di possibili differenze in termini di qualità nutrizionale e salubrità tra i prodotti biologici e convenzionali.
In realtà il marchio “bio”, ci dice soltanto cosa “non” contiene il prodotto acquistato. Quindi ci dà informazioni su un prodotto che non è stato trattato con pesticidi sintetici, erbicidi o fertilizzanti. Questo è sicuramente un grande passo in avanti. Ma la certificazione “biologico” non dice nulla sulla qualità del suolo, sul suo contenuto di carbonio e le condizioni dei microrganismi o dei nutrienti al suo interno o del guadagno dell’agricoltore.
Le percentuali di nutrienti nei prodotti bio sono molto inferiori a quelle degli stessi prodotti coltivati vent’anni fa, questo perché i cicli di nutrizione naturale dei suoli sono andati persi, e gli stessi prodotti piantati su suoli impoveriti da decenni di trattamenti con pesticidi e fertilizzanti chimici non hanno lo stesso valore nutrizionale di un tempo. Le mele biologiche non sono state trattate con sostanze chimiche ma ciò non significa che il terreno da cui provengono abbia più vitamine e minerali. Per rigenerare il valore nutrizionale è necessario partire dalla rigenerazione dei suoli.
Oggi i suoli hanno un urgente bisogno di fosforo ma soprattutto di carbonio. In molte località i livelli di carbonio sono scesi all’1% rispetto al 30/35% di un secolo fa. Il carbonio alimenta i microrganismi che a loro volta nutrono le radici che trattengono l’acqua, dunque, i livelli di carbonio nei suoli sono fondamentali per la ritenzione d’acqua. Il carbonio rappresenta il motore della vita biologica (Pauli G., 2018).
Ovviamente i molteplici vantaggi derivanti dall’approccio “bio”, come quelli citati all’inizio dell’articolo, non possono non essere tenuti in considerazione quando si fa un confronto con l’agricoltura convenzionale, soprattutto di tipo intensivo; inoltre, l’agricoltura biologica tiene in considerazione anche l’aspetto sociale della sostenibilità sostenendo lo sviluppo delle aree rurali.
Insomma, l’agricoltura biologica non è l’unico sistema di agricoltura sostenibile, ma fino a quando i suoli non saranno rigenerati, rappresenta l’unico sistema che è stato riconosciuto da un solido metodo di certificazione.
Kononets Y., Treiblmaier H., (2020), “The potential of bio certification to strengthen the market position of food producers”, Emerald Discover Journals, Books & Case Studies, Modern Supply Chain Research and Applications, 23 December 2020
Pauli G. (2018), “Economia in 3D. L’intelligenza della natura”, Ed. Ambiente
Commissione Europea, (2021), “COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI SU UN PIANO D’AZIONE PER LO SVILUPPO DELLA PRODUZIONE BIOLOGICA”, COM/2021/141 definitivo/2
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