
La Blue circular economy è una delle nuove aree di intervento individuate dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare (2021).
Gli oceani contengono il 97% di tutta l’acqua mondiale e l’80% di tutte le forme di vita, ciò significa che questo tipo di economia opera nell’ecosistema più vasto del pianeta. Le acque ci sostengono fornendo ossigeno, cibo e risorse essenziali per la salute umana, ma anche una rete di interazioni e risorse economiche per le imprese. Le attività economiche correlate, però, hanno un certo impatto sull’ambiente acquatico. Dall’inquinamento visibile, dovuto ai rifiuti di plastica ed alle perdite di petrolio, a quello invisibile generato dalla deposizione di microplastiche, dal rumore sottomarino, da sostanze chimiche e nutrienti.
Gunter Pauli, principale sostenitore della Blue Economy, ci dice che il vantaggio di questo tipo di economia è che le risorse a disposizione vengono utilizzate in modo efficiente senza aumentare i costi né per le imprese né per i consumatori.
Per un’economia sostenibile è fondamentale il contributo offerto da un oceano in buona salute. Per questo motivo, l’obiettivo principale della Blue Economy è far sì che le imprese che sfruttano le risorse marine, producono energia ed effettuano trasporti nei corpi idrici, si occupino, allo stesso tempo, della riduzione dei loro danni a carico dell’ambiente, di diventare sostenibili e di rendere i nostri consumi più rispettosi dell’ambiente.
UN MARE DI RIFIUTI…
I rifiuti che ogni anno vengono rilasciati nei mari di tutto il mondo causano problemi ambientali, economici e sanitari invece di tornare ad essere una risorsa per la nostra economia.
- Fino a 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entrano ogni anno negli oceani (per lo più plastica monouso, attrezzi da pesca perduti o abbandonati in mare e rifiuti scaricati dalle navi);
- Oltre 33.000 reti da pesca vanno perse ogni anno (l’aggrovigliamento di attrezzi da pesca è la prima minaccia per uccelli e mammiferi marini);
- Il materiale plastico adsorbe inquinanti organici che, se ingeriti da organismi marini, possono entrare nella rete trofica;
- La perdita della biodiversità come effetto a lungo termine sulla vita marina.
(Fonte: www.bluecirculareconomy.eu)
Si stima che la plastica costituisca oltre l’80% dei rifiuti presenti in mare. Attualmente, rappresenta una delle sfide ambientali più rilevanti. I detriti di plastica, infatti, vengono trasportati dalle correnti su lunghe distanze. Possono, infine, depositarsi sulle coste, degradarsi in microplastiche e generare aree piene di rifiuti.
Non basta concentrarsi sulla sola riduzione dell’inquinamento, è necessario, invece, prevenire i rischi ad esso associati, utilizzando come mezzo il modello circolare e dare il via ad una catena di valore sostenibile.
Blue circular economy
Si può definire la “Blue circular economy” come l’economia in cui rientrano le attività di gestione di rifiuti e reflui prodotti dalle attività che si svolgono nelle acque o sulle coste, e la corretta gestione di materiali di origine marina che vengono erroneamente trattati come rifiuti.
In questo momento, la Commissione Europea sta promuovendo l’elaborazione di norme per la progettazione circolare nel settore ittico. L’obiettivo è incentivare un maggior riutilizzo e riciclabilità al termine del ciclo di vita dei materiali impiegati, affinché restino nel circuito economico il più a lungo possibile, riducendo al minimo i rifiuti prodotti.
La Commissione intende promuovere le seguenti soluzioni, entro il 2030:
- Intervenire per dimezzare i rifiuti di plastica, il rilascio di sostanze nutrienti e pesticidi in mare ed i rischi ad essi associati;
- Adottare misure per limitare le microplastiche aggiunte intenzionalmente e definire misure per una corretta etichettatura e certificazione, comprese misure volte ad aumentare la cattura delle microplastiche in tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto;
- Garantire che i rifiuti catturati durante le operazioni di pesca siano dichiarati in porto e che gli attrezzi da pesca in plastica siano raccolti e riciclati dopo il loro utilizzo.
(Fonte: “Trasformare l’economia blu dell’UE per un futuro sostenibile”, 2021, Commissione Europea)
Alcuni esempi di Economia circolare applicati ai sistemi marini
ACQUAFIL: si occupa della rigenerazione di reti da pesca e altri scarti di nylon per la produzione di un nuovo filato (ECONYL®).
EPS boxes by EUMEPS: le scatole di polistirene espanso sono progettate per facilitare la raccolta e lo smistamento nei grandi siti (lavoratori ittici, mercati, porti). L’ obiettivo del progetto è promuovere cassette sostenibili per il trasporto del pesce.
EcoFishent: si tratta di un progetto che prevede il trattamento dei residui marini indifferenziati, dal quale si ottiene una polvere bioattiva concentrata. La polvere viene ulteriormente purificata per poi essere impiegata per la generazione di diversi prodotti (integratori alimentari, prodotti per la cura della pelle, imballaggi biodegradabili e compostabili). Con un diverso procedimento di purificazione sarebbe, inoltre, possibile convertire la stessa biomassa in fertilizzanti e biodiesel
(Fonte: www.ecoefishent.eu)
FISH4FISH: per la produzione di materiale da imballaggio innovativo e sostenibile, utilizzando gli scarti della biomassa marina. La confezione prodotta migliora la conservabilità del pesce che, una volta esaurito, può essere utilizzato come fertilizzante. Ciò contribuisce a ridurre i rifiuti di plastica, dando nuovo valore all’industria ittica e riducendo lo spreco di cibo.
SALMO: gli scarti della lavorazione del pesce (teste, pelle, visceri) producono circa 20.000 tonnellate di oli che potrebbero essere utilizzati come carburante, con un risparmio di più di 34 000 tonnellate di CO2 all’anno. Questo progetto mira a rendere il settore navale più sostenibile con carburanti derivati da fonti rinnovabili (rifiuti dell’acquacoltura).
TECHNO SHELL: gli scarti del pesce (specialmente crostacei) vengono valorizzati per la produzione di medicine e supplementi nutritivi (dall’estrazione di vitamina D e calcio).
(Fonte: “A Circular Blue Economy for the Mediterranean: Current practices and opportunities”, 2022)
Rendere circolare il settore marittimo, quindi pensare la Blue Economy in chiave circolare, prevede una rinnovazione del settore stesso. A partire dalla progettazione degli attrezzi da pesca, il riciclo delle navi, lo smantellamento delle piattaforme off-shore, fino alla valorizzazione degli scarti. Queste azioni saranno fondamentali per preservare la biodiversità ed i paesaggi, ma anche un vantaggio per il turismo e l’economia stessa.
La Blue Economy definita da Gunter Pauli non è altro che l’economia della rigenerazione degli ecosistemi, prendendo ispirazione dalla natura per trarre il necessario e funzionare in simbiosi con essa.
Dopotutto i mari sono il principale regolatore climatico che abbiamo.
Fonti:
SwitchMed, Blue Growth Community, (2022), “A Circular Blue Economy for the Mediterranean: Current practices and opportunities”, 10 June 2022.
Martínez-Vázquez R.M., Milán-García J., Valenciano J., (2021), “Challenges of the Blue Economy: evidence and research trends”, Environmental Sciences Europe, 17 May 2021, vol. 33.
Commissione Europea, (2021), “COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI su un nuovo approccio per un’economia blu sostenibile nell’UE. Trasformare l’economia blu dell’UE per un futuro sostenibile”, Bruxelles, 17.5.2021
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