
Arricchiamo oggi il capitolo sui Green Jobs parlando della nuova frontiera della chimica: la chimica verde (green chemistry).
Gli ultimi decenni sono stati un periodo di trasformazioni senza precedenti che hanno coinvolto stili di vita diversi in tutto il mondo e hanno visto crescere sempre di più le preoccupazioni riguardanti l’impatto dell’industria nei confronti dell’ambiente (aumento delle piogge acide, dei gas serra anche detti GHG, di fitofarmaci e fertilizzanti nelle acque, etc). Per far fronte a queste problematiche, sono state prese misure per garantire la riduzione degli effetti negativi dell’industria, soprattutto quella chimica, che ha subito un’importante evoluzione cambiando il modo di approcciarsi alla creazione di prodotti e allo sviluppo di processi.
Dalla necessità di sviluppare materie prime rinnovabili in sostituzione a quelle provenienti dal petrolio nasce la chimica verde; l’obiettivo da perseguire è la sostenibilità. Come già scritto in un precedente articolo (È corretto parlare solo di ecosostenibilità?), “lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la necessità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni” (Our Common Future; Brundtland Report 1987). Capiamo quindi che uno sviluppo sano basato su un uso responsabile delle risorse ambientali è necessario per soddisfare i nostri bisogni e, contemporaneamente, far crescere la nostra società migliorando la qualità di vita.
È su questi principi che nasce la moderna figura del chimico verde, una figura professionale che ha il compito di studiare e analizzare i processi naturali che avvengono nell’aria, nell’acqua o nel suolo in relazione agli interventi umani, sviluppare nuovi processi industriali a basso impatto, gestire e smaltire rifiuti industriali, ricercare materiali alternativi e biocompatibili; questa nuova figura professionale deve di fatto studiare nuovi modelli a basso impatto ambientale per tutelare l’ecosistema e garantire la sicurezza delle persone.
L’albo dei chimici è talmente ricco di iscritti che il Consiglio Nazionale dei Chimici ha elaborato un codice deontologico per l’esercizio di questa professione. Proprio i chimici “verdi” sono considerati una delle figure professionali più ricercate per i prossimi anni.
Ma quindi cos’è la Green Chemistry o chimica verde?
La IUPAC (Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata) la definisce come: “l’invenzione, la progettazione e l’uso di prodotti chimici e processi per ridurre o eliminare l’uso e la produzione di sostanze pericolose”.
Dare però una definizione precisa non è semplice e, per tale motivo, l’EPA (Agenzia Protezione Ambiente degli USA) ha identificato ben 12 punti chiave che caratterizzano questa scienza e che possono essere presi come linea guida per un’industria chimica green:
- Prevenzione: è meglio prevenire a monte la produzione di rifiuti e scarti, piuttosto che trattarli e bonificarli una volta creati.
- Economia atomica: le reazioni chimiche di sintesi devono essere progettate cercando di massimizzare l’incorporazione di tutti gli atomi dei reagenti iniziali nei prodotti finali.
- Sintesi chimiche meno pericolose: dove possibile, i metodi di sintesi devono essere progettati utilizzando e generando sostanze poco o per nulla tossiche per l’uomo e l’ambiente.
- Progettazione di prodotti chimici più sicuri: si deve cercare di progettare prodotti chimici funzionali al loro utilizzo, minimizzando la tossicità.
- Solventi e additivi più sicuri: l’uso di solventi e agenti di separazione deve essere evitato o limitato il più possibile. Se usati, devono essere innocui.
- Efficienza energetica: la richiesta energetica per i processi chimici deve essere valutata e minimizzata tenendo conto del suo impatto ambientale ed economico.
- Utilizzo di materie prime rinnovabili: per quanto fattibile dal punto di vista tecnico ed economico le materie prime devono essere rinnovabili.
- Ridurre i derivati: si deve minimizzare o eliminare la produzione di derivati non necessari e non produrre scarti o ridurre i passaggi sintetici per arrivare al prodotto.
- Catalisi: i catalizzatori possono facilitare una reazione in diversi modi, per esempio accelerandola o incrementandone la resa.
- Degradazione: i prodotti chimici che si progettano devono potersi decomporre facilmente alla fine del loro ciclo di vita, in modo da non persistere nell’ambiente.
- Analisi in tempo reale per prevenire l’inquinamento: prevenire la formazione di sostanze pericolose con metodologie di monitoraggio e controllo durante un processo.
- Sicurezza: si devono scegliere sostanze e formulazioni che permettano di minimizzare il rischio di incidenti. Mettere al primo posto sicurezza dei lavoratori e la salute delle persone che utilizzano i prodotti.
Ad oggi, la green chemistry può essere considerata una filosofia adottabile in tutte le aree della chimica, anche nella vita di tutti i giorni, e spesso fornisce soluzioni innovative a problemi ambientali.
Alcuni esempi di innovazioni promosse da studi di design molecolare orientato all’ambiente sono:
- la sostituzione di fitofarmaci persistenti nell’ambiente e non selettivi andando, ad esempio, a prediligere prodotti a base di piretrina, elemento naturale con maggiore capacità degradativa in ambiente, rispetto a prodotti policlorurati caratterizzati da elevata bioaccumulabilità e resistenza alla degradazione;
- la sostituzione di ritardanti di fiamma usati come additivi di materie plastiche in una varietà di prodotti di utilizzo quotidiano (arredi, materiali tessili, apparecchiature elettroniche, etc). I più usati sono i ritardanti bromurati, che oltre ad essere persistenti nell’ambiente, sono capaci di bioaccumularsi negli organismi e di esercitare effetti nocivi per la salute. In sostituzione si stanno studiando prodotti meno nocivi costituiti, ad esempio, da miscele di resine epossidiche e da ossidi di metalli inerti;
- un altro esempio ancora più vicino a noi è rappresentato dai detersivi: al contrario dei prodotti tradizionali spesso tossici, quelli verdi sono meno dannosi per la salute e l’ambiente.
Dal momento che la chimica ha compiuto grandi passi avanti riducendo dal 1990 ad oggi il consumo di energia del 41,8% e le emissioni di gas tossici e CO2 di quasi il 60% (Prof. Ferruccio Trifirò, La chimica e l’industria. Dal primo congresso internazionale “Chemistry meets Industry and Society”, 2019), è diventato ormai una necessità imprescindibile investire sulla green chemistry così da renderla sempre più efficiente e sostenibile arrivando anche a considerarla l’unica “scuola di pensiero” in questo ambito.
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