I codici EER (Codice Europeo dei Rifiuti) rappresentano una parte essenziale cui si poggia tutto il sistema di gestione dei rifiuti. Infatti questi sono alla base di ogni attività professionale di gestione dei rifiuti e rientrano nel linguaggio comune tra gli operatori del settore (Enti che rilasciano le autorizzazioni, autorità di controllo, operatori del settore, consulenti, ecc.).

Attribuire il corretto codice EER ai rifiuti che l’azienda produce è un compito che cade sotto la responsabilità del produttore.

Purtroppo, ancora oggi, non sempre tali codici vengono individuati con la dovuta consapevolezza anche perché si ignora la corretta procedura di consultazione ed utilizzo dell’EER (Elenco Europeo dei Rifiuti).

La Normativa quadro sui rifiuti (D.LGS 152/2006) nell’Allegato D fissa una precisa procedura per attribuire il codice EER più adatto. Tale procedura in realtà era stata indicata prima con la Decisione 2000/532/CE e poi ribadita dalla Decisione 2014/955/CE.

Dalla lettura dei provvedimenti di cui sopra si capisce che l’Elenco Europeo dei Rifiuti non è una mera lista di numeri tra cui scegliere quello più idoneo per identificare il rifiuto che si intende gestire, ma un vero e proprio sistema organizzato con delle logiche ben precise che ci forniscono delle informazioni aggiuntive circa la natura del rifiuto; ad esempio la sua provenienza (cioè l’attività che lo ha generato), la sua pericolosità (i codice EER pericolosi sono identificati con un asterisco “ * “), se è di tipo urbano o speciale.

Va detto che l’Elenco Europeo dei Rifiuti non fornisce un elenco esaustivo di tutti i rifiuti esistenti e quindi può capitare di incontrare delle difficoltà nell’individuare il codice CER più idoneo per classificare il rifiuto. Da ciò ne deriva che non sempre questa operazione risulta univoca e lineare creando dubbi valutativi in capo all’operatore che deve compiere questo esercizio.

A complicare ulteriormente le cose è l’esistenza, all’interno dell’EER, dei cosiddetti “codici a specchio”. Infatti, salvo i casi in cui ai rifiuti presenti nell’Elenco sono assegnati UNIVOCAMENTE, sulla base delle caratteristiche chimico-fisiche, codici pericolosi (es. oli minerali esausti) o codici non pericolosi (es. cemento), esistono tantissime voci in cui il rifiuto può rientrare sia nella categoria dei rifiuti pericolosi che in quella dei NON pericolosi (ecco perché si chiamano “codici a specchio”).

In questi casi il rifiuto dovrà essere considerato pericoloso solo se presenta all’interno composti o sostanze che superano i valori soglia fissati dalla Legge e portano il rifiuto ad essere considerato pericoloso.

Tali verifiche potranno ovviamente essere effettuate coinvolgendo laboratori certificati di analisi chimiche che potranno dare il loro contributo (sulla base delle risultanze analitiche ottenute dal campione analizzato) nella scelta del codice CER più corretto nel caso si tratti di un codice a specchio.

Procedura per scegliere il EER più idoneo

Come già scritto in precedenza, l’Allegato D del D.LGS 152/2006 fissa una procedura logica con cui identificare i rifiuti:

  1. occorre innanzitutto identificare la fonte che genera il rifiuto; pertanto occorre consultare i capitoli da 01 a 12 e da 17 a 20 senza prendere in considerazione i codici che terminano con 99 (rifiuti non specificati altrimenti);
  2. se nessuno dei codici di cui sopra si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, vanno esaminati i capitoli 13, 14 e 15;
  3. se neanche i codici di cui al punto 2 si dimostrano adeguati occorre consultare il capitolo 16;
  4. se il rifiuto non è identificabile neppure mediante i codici del capitolo 16 si può utilizzare il codice che termina con le cifre 99 preceduto dalle cifre del capitolo corrispondente all’attività che ha generato il rifiuto medesimo.

La Decisione della Commissione n. 2014/955/CE chiarisce che è possibile che un determinato stabilimento o impianto debba classificare i rifiuti che produce consultando capitoli diversi. Ad esempio un fabbricante di automobili può reperire il codice più idoneo sia dal capitolo 12 (Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica) sia dal capitolo 11 (Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli e altri materiali; idrometallurgia non ferrosa) e ancora dal capitolo 8 (Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti, adesivi, sigillanti e inchiostri per stampa) in funzione delle varie fasi della produzione.

Non va invece seguito tale criterio per identificare i rifiuti di imballaggio oggetto di raccolta differenziata. Tali rifiuti, secondo la Decisione, vanno classificati alla voce 15.01 e non alla voce 20.01.

È possibile consultare e scaricare l’elenco dei codici CER al seguente link: https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/normativa/decisione_18dic2014_elencorifiuti.pdf

Questo articolo vuole essere di ausilio a tutti quegli imprenditori/addetti ai lavori che si trovano a dover gestire rifiuti della propria azienda affinché non sottovalutino l’importanza di tale metodologia e affrontino con la giusta consapevolezza questo compito.


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Antonio Moffa
Written by Antonio Moffa