
I biofertilizzanti sono la combinazione di microrganismi (cellule attive o dormienti) e risorse organiche.
Le risorse organiche fungono da supporto per la crescita dei microrganismi e soddisfano la loro richiesta di nutrienti essenziali come azoto (N), fosforo (P) e potassio (K).
Diversi sono i ceppi microbici adatti alla composizione di questi tipi di fertilizzanti, come: Pseudomonas sp. e Bacillus (batteri che solubilizzano i fosfati), Azotobacter, Rhizobium e Clostridium spp. (batteri responsabili della fissazione dell’azoto), Anabaena (funghi e cianobatteri fissatori dell’azoto) ed altri.
Senza l’aggiunta di alcune proteine, però, non è possibile produrre fertilizzanti bio-organici di alta qualità, allo stesso tempo molte proteine vengono smaltite pericolosamente e inadeguatamente, sotto forma di scarti organici, causando inquinamento ambientale.
I biofertilizzanti
In questo contesto i biofertilizzanti si propongono come una fonte supplementare di nutrimento rinnovabile, ecologica ed economica, in grado di trasformare elementi nutrizionalmente importanti da forme non utilizzabili a forme altamente assimilabili, senza effetti dannosi sull’ambiente naturale. Si tratta di una soluzione promettente per gli ecosistemi agricoli, industriali e urbani.
Il contesto attuale, però, presenta una situazione differente…
Attualmente l’agricoltura è monopolizzata dai fertilizzanti chimici.
Nel 2017, nell’Unione Europea, sono state consumate circa 13 milioni di tonnellate di fertilizzanti inorganici (Eurostat, 2019).
L’uso del solo fertilizzante chimico aumenta, sì, la resa del raccolto nell’anno iniziale ma, in seguito, influisce negativamente sulla sostenibilità complessiva.
Gli effetti negativi più evidenti di una fertilizzazione chimica eccessiva o inappropriata sono la contaminazione delle risorse idriche superficiali e sotterranee e le emissioni di gas serra.
Negli anni, l’uso eccessivo di fertilizzanti inorganici ha causato l’accumulo di sali nel terreno con conseguente aumento del prelievo d’acqua e del dispendio energetico delle piante, causando una bassa resa in termini produttivi. La salinizzazione è responsabile, inoltre, di attività microbiche ed enzimatiche ridotte, di tassi di erosione più elevati e del conseguente degrado del suolo.
Bisogna ricordare che lo sviluppo di suoli sani può tradursi in alimenti con miglior gusto e contenuto nutritivo, a vantaggio di tutti. Sempre più spesso si parla di “produzione alimentare rigenerativa” facendo riferimento all’impiego di tecniche che reintegrano e migliorano la salute generale dell’ecosistema locale, preservando la qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo.
Una soluzione per il futuro: l’uso di rifiuti organici
L’impiego di fertilizzanti organici, attraverso il riciclo di residui colturali o di altre biomasse, sta emergendo per superare gli inconvenienti dei fertilizzanti inorganici.
Il settore agro-industriale è uno dei maggiori generatori di rifiuti solidi organici, e costituisce un problema per la salute e la sicurezza alimentare mondiale.
I rifiuti solidi agricoli sono generati in ogni fase della produzione, della trasformazione e del consumo, a seconda del tipo di prodotto agricolo, dei processi di lavorazione e della destinazione d’uso (Bracco et al., 2018).
Questi tipi di rifiuti sono generalmente gestiti in modo improprio, spesso chi li genera non ha una chiara idea di come gestirli correttamente. Ciò di cui si discute in questo articolo può essere di particolare interesse per gli attori di queste filiere, aiutandoli a comprendere come questi rifiuti potrebbero essere sfruttati come materie prime nel concetto attuale di “bioeconomia”.
Il metodo della digestione anaerobica è il processo impiegato più frequentemente per la fermentazione di rifiuti organici solidi con specifici microrganismi, in assenza di ossigeno. Tale processo consente, quindi, la trasformazione dei rifiuti in prodotti a valore aggiunto ed è un processo rinnovabile, che riutilizza materiali di scarto con una produzione veloce e a basso costo. Dallo stesso processo di digestione anaerobica, oltre ai biofertilizzanti, è possibile ottenere biogas, impiegato come fonte energetica rinnovabile.
La conversione dei rifiuti organici in fonte di valore inizia con sistemi di raccolta efficaci e flussi di rifiuti puri. Il controllo della qualità dei rifiuti alimentari, durante la produzione di biofertilizzanti, è uno step fondamentale da gestire utilizzando diversi metodi di pretrattamento. Il pretrattamento è, infatti, essenziale per rimuovere i metalli pesanti che, se non trattati, possono entrare nella catena alimentare ed avere un impatto dannoso sull’organismo umano e animale.
I rifiuti alimentari vengono spesso combinati con rifiuti agricoli (cellulosici e lignocellulosici). Durante questo processo di co-compostaggio, la regolazione dell’umidità è un fattore chiave da ottimizzare per evitare qualsiasi contaminazione durante la produzione del biofertilizzante.
È evidente che la soluzione offerta dai biofertilizzanti andrà a migliorare la qualità del suolo aumentando il numero di microrganismi utili, la fertilità, la biodiversità e la disponibilità di nutrienti facilmente assorbibili dalle piante, riducendo la necessità dei fertilizzanti chimici utilizzati finora.
L’impiego di queste pratiche riduce il rischio di inquinamento e aumenta, allo stesso tempo, il profitto dell’industria o dell’agricoltore, riducendo i costi di smaltimento e generando nuovi prodotti sani e di qualità.
Anche il ruolo delle città è fondamentale…
In questo contesto anche le città hanno un ruolo centrale perché possono ottenere il massimo dal cibo ridistribuendo il cibo commestibile in eccesso, trasformando i sottoprodotti rimanenti non commestibili in nuovi prodotti, dai fertilizzanti organici per l’agricoltura periurbana, ai biomateriali, alla medicina e alla bioenergia.
Piuttosto che una destinazione finale per il cibo, le città possono diventare centri in cui i sottoprodotti alimentari vengono trasformati, attraverso tecnologie di riciclo innovative, in un’ampia gamma di materiali utili alla società stessa.
Insomma, lo sviluppo di fertilizzanti organici basati sull’uso di materiali rinnovabili e che non dipendono dalla disponibilità di risorse minerarie o da processi ad alta intensità energetica, rappresenta un significativo passo in avanti verso un’economia circolare che reintegra i materiali di scarto nel ciclo produttivo (Paungfoo-Lonhienne et al., 2019).
Questi tipi di fertilizzanti hanno enormi potenzialità e si offrono come una promessa in grado di migliorare la sicurezza alimentare globale, aumentando la resa agricola.
Ansar S., Arshad M., Batley J., Bibi F., Khalid A., Ilyas N., Saeed M., 2022, “Formulation and efficacy testing of bio-organic fertilizer produced through solid-state fermentation of agro-waste by Burkholderia cenocepacia”, Chemosphere, Vol. 291, Part 3, March 2022
Coca M., Cubero M., Delgado M., Lucas S., Mateos E., 2020, “Recovery of organic carbon from municipal mixed waste compost for the production of fertilizers”, Journal of Cleaner Production
Vol. 265, 20 August 2020
www. ellenmacarthurfoundation.org
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