
Nuove frontiere circolari.
Ogni anno vengono consumate 53 milioni di tonnellate di fibre nel mondo. Il consumo tessile è destinato a crescere a livello globale del 63% entro il 2030 (Boston Consulting Group e Global Fashion Agenda, 2017). La produzione di indumenti è responsabile del 10% delle emissioni di gas serra e del 20% delle acque reflue globali. In Europa, nel 2016, sono state generate 180.000 tonnellate di rifiuti tessili (Roos et al., 2019), di cui solo il 15-20% è stato riciclato (Textile Recycling Association, 2005).
Per cambiare questi dati è necessario un intervento congiunto da parte dei consumatori, delle istituzioni e delle industrie.
Secondo il famoso pubblicitario americano Earnest Calkins: “il consumismo significa far sì che le persone trattino le cose che usano come cose che consumano”. E se invece riuscissimo ad invertire questa logica e passare dal consumo all’uso efficiente delle risorse a nostra disposizione?
Sappiamo che i tessuti hanno un impatto globale di ampia portata. L’acqua è un elemento indispensabile per la filiera tessile, in tutte le sue fasi, dalla piantagione di cotone ai trattamenti dei materiali fino ai lavaggi degli indumenti nelle nostre case. Anche lo smaltimento delle sostanze tossiche con cui vengono trattati i capi di abbigliamento comporta un danno ecologico importante per l’uomo, per gli animali e per l’ambiente nel suo complesso. L’industria tessile è direttamente collegata anche allo sfruttamento della terra e alla perdita della biodiversità a causa dello sfruttamento eccessivo del suolo (Asvis, 2020).
Dove troveremo queste risorse nel prossimo futuro?
Il mondo della ricerca e delle imprese si sta orientando sempre più verso i biopolimeri. Si tratta di materie prime derivate da fonti rinnovabili come amidi, cellulosa o fonti proteiche ad elevata biodegradabilità e/o prodotti attraverso tecniche microbiche. Ne sono esempi la fibra di latte, i filati derivati dalle arance (Orange Fiber) o dalle fibre di cocco (Nullarbor), etc.
La fibra di latte
La fibra di latte fa parte delle fibre artificiali rigenerate, prodotte da proteine di origine animale o vegetale. Oggi visto come un materiale innovativo, in realtà, realizzare lana a partire dal latte, fu un’idea dell’ingegnere Antonio Ferretti, brevettata nel 1935, col nome di «Lanital». Fu, poi, abbandonata per fibre di sintesi più economiche. Oggi rappresenterebbe una soluzione ottimale in un modello di economia circolare. La materia prima impiegata è il latte di recupero, non alimentare, ovvero latte scaduto o scartato dai rigidi standard alimentari italiani. La fibra di latte è ottenuta da una proteina del latte, la “caseina”, lavorata e trasformata per simulare tessuti morbidi come la lana o la seta.
Il riutilizzo di materiali di scarto deve essere accoppiato a sistemi di riciclaggio efficienti per agevolare lo sviluppo di un sistema di produzione tessile sostenibile e far sì che il ciclo di vita dei prodotti duri il più a lungo possibile.
Diversi sono i processi che possono essere impiegati per sostenere un approccio veramente circolare. Ad esempio, i processi a base biologica che consistono nella decomposizione dei materiali tessili in molecole semplici da parte di microrganismi e processi a base biochimica, in cui gli enzimi sono usati per decostruire i tessuti polimerici nelle loro unità costitutive monomeriche, che possono essere a loro volta ri-polimerizzate per creare polimeri e fibre vergini di qualità per la successiva generazione di tessuti.
Il riciclaggio dei polimeri è stato applicato anche ai sottoprodotti cellulosici. Ad esempio, Orange Fiber, azienda italiana, utilizza la cellulosa presente nelle bucce d’arancia, sottoprodotto dell’industria dei succhi di frutta, per produrre filati e tessuti.
Sono, attualmente, in corso investimenti per sostenere l’espansione e l’adozione di queste tecnologie di riciclaggio dei polimeri da scala pilota a scala commerciale entro il 2030 (Östlund et al., 2015). Questo consentirebbe la riduzione dei costi ma anche il miglioramento dell’efficienza produttiva e dell’impatto ambientale complessivo.
Lo scenario aperto dai biopolimeri è una delle frontiere più interessanti dell’evoluzione dei materiali tessili, permette di ridisegnare un nuovo modello di filiera “sostenibile” in cui la produzione tessile opera in stretta relazione con altri ambiti produttivi, come il settore agro-alimentare.
Da un lato verrà ridotta la carenza di materia prima, dall’altro si apriranno nuove opportunità per lo sviluppo di prodotti di alto valore aggiunto per la salute e per l’ambiente.
Nel prossimo futuro “essere sostenibili” non sarà solo una scelta (di stile di vita e di business), ma una necessità.
Baurley S., Lanot A., McQueen-Mason S., Pisapia C., Purnell P., Ribula M., (2021), “Mechanical, chemical, biological: Moving towards closed-loop bio-based recycling in a circular economy of sustainable textiles”, Journal of Cleaner Production, Volume 326, 1 December 2021, 129325
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