
In questo articolo vedremo le diverse implicazioni e differenze che esistono tra il concetto di scarico idrico e di rifiuto liquido. Spesso questi concetti vengono confusi ma, come vedremo più avanti, è importante capire questa distinzione perché ci sono diverse implicazioni giuridiche a seconda della fattispecie considerata.
Che cos’è un rifiuto liquido?
Da un punto di vista giuridico è considerato rifiuto: “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi” (art. 183 c. 1 Dlgs 152/2006).
Da questa definizione è evidente che possono essere considerati rifiuti anche sostanze liquide di cui il produttore/detentore intende disfarsi. Tuttavia lo stesso Testo Unico Ambientale prevede espressamente tra le esclusioni dal campo di applicazione dei rifiuti una serie di diverse fattispecie tra cui “le acque di scarico” (art. 185 c. 2 Dlgs 152/2006).
Per capire la differenza tra rifiuto liquido e scarico idrico dobbiamo andare alla definizione di scarico idrico.
Che cos’è uno scarico idrico?
Lo scarico è un’immissione che viene effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo recettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro matrice inquinante (art. 74 c. 1 lett. F Dlgs. 152/2006).
Attenzione perché, affinché si possa parlare di scarico, la normativa afferma “indipendentemente dalla matrice inquinante” per l’ambiente. Perciò anche l’acqua pulita che viene immessa in un corpo ricettore, un depuratore o un sistema fognario senza soluzione di continuità rientra in questa definizione.
Dalle due diverse definizioni appena viste, possiamo dire che sia lo scarico idrico che il rifiuto allo stato liquido rappresentano l’immissione di un refluo da un ciclo di produzione ad un corpo ricettore; tuttavia nello scarico, questa immissione è diretta, ossia senza soluzione di continuità, mentre, nel caso del rifiuto, ci sono delle interruzioni funzionali.
Se ad esempio coinvolgiamo un automezzo dotato di cisterna per aspirare delle acque di lavaggio da una vasca interrata isolata, siamo nel campo dei rifiuti. Se ci riferiamo alla stessa acqua che viene convogliata verso un depuratore tramite un sistema di condutture, allora siamo nel campo degli scarichi idrici.
Nel primo caso (rifiuto) si applica la parte IV del D.Lgs 152/2006; nel secondo caso (scarichi) si applica la parte III dello stesso Decreto legislativo.
Questa distinzione è rilevante perché se sbagliamo a qualificare uno scarico liquido classificandolo come rifiuto (o viceversa) si ripercuotono, a cascata, tutta una serie di conseguenze. Infatti è diversa la normativa di riferimento, le analisi da eseguire su quei reflui prevede tabelle e parametri di ricerca diversi, le autorizzazioni degli impianti coinvolti differiscono, cambiano le eventuali sanzioni applicabili, gli adempimenti burocratici da rispettare e così via.
Ecco perché è importante non sottovalutare questa differenza. Anche se distinguere tra queste fattispecie potrebbe sembrare scontato in realtà ci sono delle situazioni in cui capire se siamo in un caso o nell’altro non è così intuitivo.
In tema di scarichi idrici ricordo che le acque reflue hanno una triplice classificazione. Possiamo avere:
- acque domestiche: quelle provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche; ciò significa anche un’attività di impresa potrebbe produrre delle acque reflue domestiche se queste derivano dal metabolismo umano o quelle che, sebbene provengano da attività di impresa, sono tipicamente domestiche: pensiamo ad esempio a quelle provenienti dai servizi igienici.
- acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o impianti in cui si svolgono attività commerciali di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento. Le acque di prima pioggia in realtà potrebbero essere assimilate alle acque reflue industriali nel momento in cui risultano particolarmente inquinanti; infatti, molte autorizzazioni prescrivono per le acque meteoriche di prima pioggia la necessità di raccolta e trattamento come se fossero acque industriali.
- acque reflue industriali assimilate alle acque domestiche: quelle che, prima di ogni trattamento depurativo, possiedono delle caratteristiche chimiche equivalenti alle acque reflue domestiche e rispettano determinati parametri fissati dalla Tabella 1 della Direttiva 1053/2003.
Per concludere possiamo dire che i rifiuti allo stato liquido sono costituiti da acque reflue di cui il detentore si disfi senza un versamento canalizzato e diretto verso un corpo ricettore; lo scarico idrico, al contrario, riguarda tutte quelle acque reflue che vengono convogliate ad un corpo ricettore senza soluzione di continuità tra il momento della produzione del refluo ed il suo sversamento.
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