
Nell’epoca dei cambiamenti climatici l’eccesso della produzione dei rifiuti rappresenta una costante critica che non può più essere sottovalutata.
I rifiuti urbani prodotti in Italia nel 2020 si attestano a circa 28,9 milioni di tonnellate (Rapporto Rifiuti Urbani Ispra, edizione 2020).
Oggi è sempre più forte la correlazione tra rifiuto ed energia in un rapporto di reciproco vantaggio.
In questo articolo ci soffermeremo sul concetto di termovalorizzazione come alternativa all’incenerimento.
“INCENERIMENTO” E “TERMOVALORIZZAZIONE” NON SONO SINONIMI!
Un inceneritore è un impianto adibito al solo smaltimento dei rifiuti. L’impianto opera mediante il processo chimico della combustione.
Questo sistema di trattamento sta diventando ormai obsoleto a favore della termovalorizzazione.
Ci sono evidenti motivi ambientali alla base di questa scelta. Il processo di incenerimento, infatti, è causa di un’importante emissione di fumi e ceneri; se poi si considera che questo fenomeno si unisce al solo dispendio energetico senza una possibilità di recupero, risulta evidente che questa modalità di smaltimento non può essere considerata una tecnologia valida per i paesi in piena transizione energetica.
A differenza degli inceneritori, i termovalorizzatori, che pur operano attraverso un processo di combustione, non si limitano a incenerire i rifiuti indifferenziati ma forniscono sistemi di recupero di calore ed energia.
Da una parte l’energia elettrica prodotta può essere re-immessa nella rete di distribuzione nazionale, dall’altra parte il calore può essere trasferito alle abitazioni o alle utenze limitrofe attraverso un’apposita rete di teleriscaldamento.
MA VEDIAMO UN PO’ DI NUMERI…
“Gli impianti di termovalorizzazione europei producono abbastanza elettricità per rifornire quasi 19 milioni di persone all’anno. Inoltre, la termovalorizzazione può fornire un carico di base locale di energia che integra le fonti di energia rinnovabile intermittente come l’eolico o il solare, rendendo allo stesso tempo l’Europa meno dipendente dalle importazioni di combustibili fossili” (Enea pubblicazioni, 2022).
Oltre il 60% degli impianti di termovalorizzazione in Europa sono impianti di cogenerazione, ciò significa che forniscono contemporaneamente calore ed elettricità alle reti urbane.
Quando si parla di impianti di questo tipo bisogna analizzare gli input e gli output del processo per offrire una visione globale e per poter valutare correttamente l’impatto ambientale che un impianto di questo tipo può generare, perché, ricordiamo, deve portare ad un miglioramento ambientale e non al peggioramento!
“Nel processo di termovalorizzazione circa l’83%-85% dell’energia prodotta viene ceduta, mentre solo una percentuale, pari mediamente a circa il 15%-17% viene utilizzata per il funzionamento dell’impianto” (Enea pubblicazioni, 2022). Questo dato ci fa capire che sì, il processo produce più energia di quanta ne consumi, ma spinge anche a domandarsi come si può ottimizzare quel 15-17%.
Un altro aspetto da considerare è l’emissione di CO₂
“La combustione di una tonnellata di rifiuti residui, non riciclabili, in un impianto di termovalorizzazione convenzionale genera circa una tonnellata di emissioni totali di CO₂” (Enea pubblicazioni, 2022).
In base all’origine, la CO₂ generata è differenziata in due categorie:
- CO₂ fossile, proveniente dalla combustione di rifiuti fossili come le plastiche residue;
- CO₂ biogenica, proveniente dalla frazione biodegradabile di diversi flussi di rifiuti, come carta e cartone, legno, cuoio, alimenti e residui verdi. Si tratta di rifiuti che sono contaminati e quindi non riciclabili.
In media, la quota di CO₂ biogenica emessa dagli impianti di termovalorizzazione, a livello europeo, è di circa il 60%, mentre il restante 40% è fossile.
Secondo le linee guida dell’IPCC la CO₂ biogenica è considerata neutra con un carico climatico pari a zero.
IL PROCESSO DI TERMOVALORIZZAZIONE: TRATTAMENTO E RECUPERO
Un impianto di termovalorizzazione è costituito dalle seguenti sezioni:
- Sezione di combustione: i rifiuti vengono bruciati in un forno, composto da una o più caldaie, ad una temperatura superiore agli 850°C. Con il processo di combustione si ottiene la totale ossidazione del rifiuto, evitando la produzione e la dispersione di diossine.
- Sezione di depurazione fumi: i fumi prodotti, prima del rilascio in atmosfera, devono essere trattati per ridurre la concentrazione delle sostanze inquinanti (macroinquinanti come polveri, ossidi di azoto, monossido di carbonio e microinquinanti come metalli pesanti, diossine).
Circa il 20-25% in peso dei rifiuti trattati sono definite “scorie pesanti” (rifiuti non pericolosi) cioè le componenti minerali e metalliche dei rifiuti destinate al recupero.
Una volta recuperati i metalli il resto viene trasformato in materie prime secondarie che possono avere altri impieghi, come ad esempio, nell’industria del cemento. Questo genera quindi un costo ambientale inferiore.
Circa il 3-5 % dei rifiuti trattati sono, invece, costituiti da “polveri leggere” che derivano dalla filtrazione dei fumi. Quest’ultime sono considerate rifiuti pericolosi e devono essere pretrattate per il successivo smaltimento in discarica, in unità geologiche profonde (miniere). - Sezione di recupero energetico: il recupero di energia dall’incenerimento viene ottenuto attraverso il raffreddamento dei fumi. In un’apposita caldaia viene generato il vapore grazie al quale avviene il recupero con produzione di energia elettrica e/o termica.
Le modalità di utilizzo del vapore prodotto dalla combustione possono essere le seguenti:
• fornitura diretta di vapore ad utenze termiche industriali o di acqua calda ad utenze civili, mediante scambiatori di calore (solo calore).
• produzione di energia elettrica mediante espansione del vapore (solo elettricità). Il vapore viene immesso in una turbina in grado di generare energia meccanica poi convertita in energia elettrica attraverso un generatore;
• produzione combinata di energia elettrica e termica (cogenerazione).
Facciamo un esempio: gli impianti di termovalorizzazione possono fornire vapore che può essere utilizzato dalle industrie vicine che possono, a loro volta, disattivare le loro caldaie a combustibili fossili. In questo senso, si otterrebbero importanti benefici climatici.
Concludendo, in un contesto come quello odierno, un corretto smaltimento dei rifiuti unito ad un nuovo modo di produrre e impiegare l’energia può favorire il passaggio a un modello di economia circolare in cui l’efficienza energetica assuma un ruolo di primo piano.
Se la rete elettrica risulta essere più proiettata verso le rinnovabili, il settore del calore sarà più difficile da decarbonizzare. In questo senso la termovalorizzazione, con i sistemi di teleriscaldamento e teleraffreddamento, può rappresentare un’alternativa utile.
Fonte:
Alessandra De Santis, Chiara Martini, Fabrizio Martini, Marcello Salvio, Quaderni dell’efficienza energetica -INCENERIMENTO, Enea pubblicazioni, pp. 182, 2022
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